martedì 17 maggio 2011

Source Code

Source Code
Duncan Jones, 2011
Se alla sua opera prima tutti gli occhi erano puntati su Duncan Jones per la risaputa provenienza familiare, questa volta lo erano di nuovo ed ancor di più per via della sorprendente riuscita dello stesso Moon, a suo modo un capolavoro nel genere: comprensibile anche se intricato, umano prima che fantascientifico.

Anche se meno ineccepibile, Source Code raggiunge gli stessi traguardi, anche perché strutturalmente molto, forse troppo, simile al predecessore. 
Meno ineccepibile: di fatti, l'intera visione mi è stata rovinata da un grossolano errore di logica proprio del funzionamento stesso del source code. Certo, in un film di fantascienza tutto è possibile perché, appunto, fantascienza, ma se ci si dimestica con tentativi di spiegazioni logiche allora queste debbono essere necessariamente coerenti non già con le leggi della fisica a noi note (altrimenti non sarebbe fantscienza), ma semplicemente con loro stesse. E questo manca in Source Code perché, anche se alla fine viene svelato un meccanismo diverso (che anche se più drastico è paradossalmente più accettabile in termini di logica), ciò che non mi convince è che qualcuno abbia anche solo potuto pensare che funzionasse diversamente: non è credibile e basta.

Ora, l'essersi ripreso in calcio d'angolo mi ha permesso di apprezzare la godibilità del film, che in questo aspetto si differenzia notevolmente dagli altri del genere. Infatti viene messo in risalto l'aspetto umano dei protagonisti, anche con piccole frasi, dette quasi per caso ma d'effetto, con piccoli gesti, o sguardi fugaci, e sempre più nel finale con grandi rinunce e ribellioni. Anche i personaggi di contorno sembrano avere un proprio ruolo, dei caratteri ben definiti che li distinguono da ogni altro, sia questo uno studente un po' impacciato, o un comico scontroso, o un innocente sospettato.

Ed in fondo Source Code non parla semplicemente di un soldato che con mezzi solo immaginabili ripercorre otto minuti già scritti nella storia, a guardare più da vicino parla dell'insotenibile pesantezza dell'essere, quella che Milan Kundera descriveva come l'insopportabile ripetersi di un evento nel tempo: ed in questa prospettiva appare chiara la scelta di Colter (Jake Gyllenhaal) e la sua richiesta a Goodwin (una Vera Farmiga perfetta in ogni espressione).
Ed oltre a ciò parla anche di come un uomo, un soldato ma pur sempre un uomo, assapora i suoi ultimi otto minuti di vita. Voi, cosa fareste se vi restassero solo otto minuti da vivere?

Inizia il countdown per il prossimo lavoro di Duncan Jones, oramai uno dei nomi più allettanti tra i registi emergenti, sperando non si ripeta ulteriormente nell'impostazione, mostrandoci l'imprescindibile carattere per un regista di talento della volubilità.

1 commento:

  1. Interessante la tua visione di Source code: il bello di percepire diversamente un film.
    Anche Never let me go ci vede su fronti differenti.
    Ma non hai lo spazio followers!?

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