domenica 28 agosto 2011

London Boulevard

London Boulevard
William Monahan, 2010
    Ci si poteva aspettare molto dal primo lavoro come regista e sceneggiatore di colui il quale ha portato con secoli di ritardo Martin Scorsese all'oscar. Si poteva, ma anche no: io ad esempio non ho mai sopravvalutato troppo il lavoro ed il merito di Monahan per The Departed, tenendo bene a mente che la sceneggiatura altro non è che un adattamento di Infernal Affairs, gangster movie di Hong Kong, che gli spianava il campo.
    London Boulevard mostrava le carte per essere un thriller ottimo, stimolando la curiosità dello spettatore per la mano del citato Monahan, stuzzicando gli ormoni di ambo i sessi grazie ai due protagonisti Colin Farrell e Keira Knightley, presentandosi con un trailer che astutamente nasconde le falle della sceneggiatura.
    In fondo sarebbe bastato poco a far quanto meno prestare un po' di attenzione alla pellicola, ma il risultato è stato alquanto fallimentare.

    Mitchell appena uscito di prigione cerca di trovare un lavoro onesto, proteggendo una star del cinema che a seguito di un dramma personale decide di abbandonare il mondo dello spettacolo ed è per questo ossessionata dai paparazzi. Tradire la propria natura criminale, ancorata al mondo esterno ma soprattutto a quello interno, non è mai facile ed uscire dai giri della mala vita richiede soluzioni drastiche.
    Il difetto più grande di London Boulevard è quello di non riuscire a sviluppare a fondo nessuna delle intense tematiche presenti nelle sceneggiatura, soprattutto quelle inerenti al protagonista (Colin Farrell) che non sa per quali dei suoi infiniti turbamenti esistenziali corrucciare la fronte, circondato da drammi peronali, familiari e sentimentali di ogni tipo. La co-protagonista, invece, pare appena accennata ed il loro inevitabile intreccio amoroso viene disegnato svogliatamente. Ogni personaggio sembra essere inserito per fare brodo (la sorella di Mitchell con problemi di alcolismo soprattutto, considerando il modo in cui entra ed esce di scena passando per lo più inosservata) ma quel che è peggio è come i protagonisti sembrino una comoda caricatura fatta con mano pesante di un duro e di un star del cinema, come solo in un film di serie C.
    Discontinuità narrativa evidenziata da un montaggio farraginoso e nervoso.

    Positivi i minuti finali, nei quali viene sfoggiata una originale e  fresca vena satirica eliminando l'eccesso di serietà con la quale il film è preso sin dall'inizio, terminando lo scontro principale dei due antogonisti in modo leggero e quindi contrastante col resto del film.
    Escalation terminante in un momento infinito di amarezza e riflessione, l'unico veramente profondo degli ultimi 100 minuti, dal quale si può trovare spunto per digressioni  filosofiche sul libero arbitrio individuale, sulla posizione inerme dell'uomo di fronte all'imposizione della massa, della società, del proprio passato e del proprio destino, anche se la più grande amarezza è dovuta dal pensiero di quanto avrebbe potuto essere bello questo film, ed invece no.

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